Discorso Divino
Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba
15 aprile 1999
Il cuculo e il corvo
Rifuggite dalle cattive compagnie
e frequentate quelle buone.
Compite, giorno e notte, azioni meritorie
Incarnazioni dell’Amore,
da tempi immemorabili, l’India è depositaria delle ricchezze spirituali e irradia pace e serenità in tutte le altre nazioni. Tuttavia, oggi, molti non comprendono neppure la sacralità, il significato e l’unicità del corpo umano. Essi credono erroneamente che il corpo serva per mangiare, bere, dormire e avere piacere. Potete comprendere lo scopo per cui Dio vi ha dotati di questo corpo soltanto se realizzate la sacralità e il mistero della nascita umana. La meta dell’uomo è riconoscere la Verità nella vita di tutti i giorni.
Il mistero del corpo umano
Tutti hanno un corpo. Esso non agisce solo come strumento, ma assurge anche ad esempio sotto ogni profilo. Quali sono gli esempi che esso offre? Inala l’ossigeno vitale ed esala il velenoso ossido di carbonio; ingerisce pietanze deliziose ed espelle feci maleodoranti. Qual è il significato recondito di simili attività? L’uomo deve accettare le cose benefiche per la collettività e rifiutare quelle dannose. Il corpo, quindi, insegna simbolicamente all’uomo che deve tenere dentro solo i sentimenti sacri e rigettare i pensieri negativi e materialistici.
Purtroppo, oggi l’uomo fa entrare in sé i pensieri empi e impuri, scartando quelli puri e sacri. Che cosa sono la verità e la non verità? Che cos’è permanente e che cosa transitorio? Che cos’è buono e che cosa cattivo? L’uomo d’oggi non si pone più simili domande; usa il suo potere di discriminazione per fini errati; accetta il male e rinnega il bene. Come si può preferire un frutto marcio a uno sano? È forse preferibile inalare ossido di carbonio ed espellere ossigeno? No! Se agite così, non solo rovinerete la vostra salute, ma metterete a repentaglio la vostra stessa vita.
L’uomo deve avere salute fisica, soddisfazione mentale e beatitudine spirituale. La vita dell’uomo è una combinazione di corpo, mente e spirito: il corpo è strumento di azione, la mente d’indagine e lo spirito è il testimone. Tutti e tre sono essenziali perché l’esistenza umana trovi compimento. Eppure, nessuno tenta di comprendere tale mistero.
Anche la natura indica la via vera e giusta. Se non espellete l’aria che avete inspirato e il cibo digerito, la vostra salute ne risentirà. La lezione che ne deriva è che bisogna accettare ciò che è buono e rifiutare ciò è cattivo. Tyaja durjana sansargam: “Evitate le cattive compagnie”. Per “cattive compagnie” non s’intende soltanto la gente, ma anche i cattivi pensieri: dovreste evitare anche questi.
Comunque, non si diventa anime nobili solo evitando le cattive compagnie e i cattivi pensieri; occorre stare in buona compagnia e nutrire buoni pensieri. Per sviluppare buoni pensieri, non c’è altro modo che contemplare il Divino.
Kuru punyam ahoratram: “Compite buone azioni giorno e notte”. Sempre, in tutti i luoghi e in tutte le circostanze, l’uomo deve contemplare Dio e impegnarsi nel Suo lavoro. Bhaja sadhu samagamam: “Unitevi a persone buone”. Svilupperete sentimenti puri solo se vi unirete a persone buone.
Partite presto…
Dovreste nutrire devozione verso Dio fin dall’infanzia; vi sarà d’immenso aiuto per la vecchiaia cominciare la disciplina spirituale fin da piccoli. È impossibile pensare a Dio nella vecchiaia, se da giovani sprecate il vostro tempo in questioni mondane. I sentimenti divini che sviluppate da piccoli sono la vostra vera ricchezza; i pensieri basati sulla Verità sono il vostro vero patrimonio. Ma voi state ignorando la vostra ricchezza interiore e correte dietro a ricchezze effimere. Partite presto, guidate piano e giungete salvi a destinazione!
È impossibile ricordare e contemplare Dio in vecchiaia se non iniziando da piccoli. Quando i messaggeri della morte cominciano a trascinarvi via, quando i parenti si affrettano a portarvi fuori di casa, dicendo che ormai non c’è più speranza, e quando moglie e figli piangono amaramente e si lamentano, è forse possibile in quel momento pensare a Dio?
Ripeto spesso agli studenti che l’infanzia dell’uomo è come una tenera foglia di banano: in quell’età, essa è molto pura, attraente e viva. Questa “foglia”, contenente le delicatezze dei cinque sensi (udito, tatto, vista, gusto e olfatto), dovrebbe essere offerta a Dio; ma, a causa dell’era di Kali, l’uomo offre i suoi sensi ai sei “demoni”: desiderio, ira, avidità, attaccamento, orgoglio e gelosia.
Dopo che i demoni hanno banchettato con tutte le prelibatezze, rovinando la “foglia”, nella vecchiaia l’uomo offre a Dio gli ignobili avanzi. È giusto offrire a Dio i resti del cibo mangiato dai demoni? A che è servita una vita in forma umana, se trascorsa in modo disumano?
Jantunam nara janma durlabham: “Fra tutte le nascite, quella in forma umana è la più rara e la più nobile!” Possedendo la sacra forma umana, l’uomo dovrebbe volgere i suoi sensi verso il Divino fin dalla più tenera età; dovrebbe cominciare dall’infanzia a contemplare Dio e a meritare la Sua grazia.
Da vecchi, quando non riuscirete più a vederci bene, quando le rughe vi solcheranno il viso, quando sarete canuti e i bambini cominceranno a prendersi gioco di voi, chiamandovi “vecchia scimmia”, quando le vostre membra saranno in preda al tremore, come potrete aspettarvi di pensare a Dio? Quelli che cominciano a pensare a Dio soltanto da vecchi non hanno il senso del pudore.
Oggi l’uomo sta rovinando i giovani facendo usar loro male i sensi. L’uomo vede cose negative e parla male degli altri. In tenera età, i cinque sensi sono veramente cinque cose delicate e la vostra vita verrà santificata solo se li avrete offerti Dio, altrimenti è meglio essere muti, ciechi e sordi!
A che servono gli occhi? Per vedere qualunque cosa, ogni cosa? No! Gli occhi sono stati donati per vedere Dio. L’occhio che misura pochi centimetri, riesce a percepire la luce di stelle distanti milioni di miglia. Uno strumento così potente e sacro dovrebbe essere utilizzato per vedere cose impure? Usatelo per vedere il Divino onnipresente, le meraviglie della natura e per avere il darshan degli uomini santi.
Peddalu o Gaddalu?
Oggi, i cosiddetti peddalu, gli anziani, dissuadono i giovani dal prendere il cammino spirituale. Sostengono che Dio è un qualcosa a cui pensare da vecchi. Tali individui possono forse essere definiti peddalu? No, sono piuttosto gaddalu, falchi. Non solo essi non pensano a Dio, ma non consentono neppure ai loro figli di farlo. Effettivamente, molti anziani stanno rovinando la vita dei giovani, come se loro avessero tratto un gran giovamento dal tipo di vita che hanno condotto! Evitate la compagnia di anziani così malvagi, anche se vi sono capitati in sorte come genitori!
È questo l’ideale perseguito da Bharata nel Ramayana. Rama, essendo il figlio maggiore, era il discendente avente diritto al trono di Ayodhya; ma Kaikeyi lo mandò in esilio nella foresta, poiché voleva che il proprio figlio, Bharata, diventasse re. Quando Bharata lo seppe, andò su tutte le furie e si rifiutò perfino di guardare in faccia sua madre; si recò invece immediatamente nella foresta per riportare indietro Rama.
Hiranyakashipu non poteva tollerare che il figlio Prahlada cantasse il nome del Signore Narayana. Si chiudeva subito le orecchie appena lo udiva pronunciare Om Namo Narayanaya. Tentò perfino di assassinarlo, poiché il figlio continuava a cantare il nome del Signore Narayana contro il volere paterno. Alla fine, Prahlada si allontanò dal padre, che era un malvagio.
Shukracarya ammonì l’imperatore Bali sulla vera identità di Vamana, incarnazione di Vishnu stesso, e sugli effetti disastrosi che il dono della terra richiesta da Vamana a Bali avrebbe provocato. Tuttavia, Bali reagì al monito del proprio precettore dicendo che non esisteva peccato più grande del rimangiarsi la parola data. Aveva fatto una promessa al Signore stesso: non fu un peccato di Shukracarya chiedergli di ritrattare? Perciò Bali gli disse: “Tu non sei il mio precettore, ma il mio nemico”. Quindi, ignorò le parole di Shukracarya e mantenne la promessa fatta a Vamana.
Mira contemplava costantemente Giridhara (il Signore Krishna) e cantava il Suo nome. Negli occhi aveva la forma di Krishna e nella mente il pensiero di Lui, ma il marito pensava che ella stesse passando il limite nel nome della devozione. Perciò, un giorno, la gettò fuori dal tempio di Krishna in nome di un falso onore mondano; ella, allora, scrisse una lettera a Tulsidas chiedendo consiglio su come comportarsi, se lasciare cioè Krishna, il compagno eterno, o il marito.
Tulsidas le rispose: “Madre, Dio è il più grande di tutti e il sentiero che a Lui conduce è il più nobile. Il marito è una nuvola passeggera, ma Dio è sempre con te: lo era prima che tu nascessi e lo sarà anche dopo la tua morte. La Verità trascende ogni limite temporale. Come abbandonare Colui che è l’incarnazione stessa della Verità? Il marito è entrato nella tua vita ad un certo punto, e, così com’è venuto, a un dato momento se ne andrà. Puoi anche servirlo finché vive; ma, se egli ti rifiuta, non c’è nulla di male nel lasciarlo per il Signore”.
Non è giusto che una moglie soffra nelle mani di un marito cattivo. Se una moglie sbaglia, il marito può punirla, ma è peccato punire una donna senza colpa. Mira pregò: “Krishna, mi sono tuffata nel fondo dell’oceano dell’esistenza e ho raccolto la perla del Tuo nome divino. Come posso lasciarmela scappare di mano? La conserverò anche se dovesse costarmi la vita!”
La vita mondana è la via esteriore e la vita spirituale è la via interiore. È un grave errore abbandonare Dio e il Suo nome per ottenere guadagni materiali. Se la vostra coscienza è pulita, non dovete aver paura di nessuno. La verità e il sacrificio sono i vostri veri occhi.
Satyam nasti paro dharma: “Non vi è Dharma superiore al rispetto della Verità”. In quest’era di Kali, però, la gente rinuncia alla verità e alla rettitudine. Meglio perire che condurre una vita falsa. Meglio vivere come un cigno per pochi minuti che come un corvo per cent’anni!
Il fine dell’educazione: servire gli altri
Gli studenti moderni sono molto istruiti, prendono lauree e riescono a occupare posizioni ai vertici della società. Essi ritengono di essere grandi intellettuali. A che servono l’istruzione e l’intelligenza se usate impropriamente? Perché studiare fino alla morte? Meglio studiare per l’immortalità! La conoscenza acquisita sui libri può servire a riempirvi lo stomaco, ma non a farvi raggiungere l’immortalità. Dovreste sperimentare la beatitudine della vostra vita dopo aver offerto tutto a Dio.
I Veda dichiarano: “Qualunque cosa facciate, dovete compierla col desiderio di compiacere Dio”. È sufficiente che abbiate Dio con voi. Il Signore Krishna dichiara nella Bhagavad Gita: “Abbandona ogni Dharma e arrenditi a Me soltanto!” Tutti i Dharma del mondo sono un peso; sono come diecimila monete spicciole. È alquanto difficile portare con sé tutti quegli spiccioli: offriteli quindi a Dio, che vi darà in cambio una sola banconota del valore equivalente a cento rupie, leggera da portare e più sicura da conservare. Le diecimila monetine simboleggiano la quantità, mentre la banconota è sinonimo di qualità. Dovreste volere la qualità e non la quantità. Un cucchiaio di latte di mucca vale più di un barile di latte d’asina.
L’India è la terra del sacrificio, dell’amore e dell’unione con Dio. Se non amate la vostra stessa madrepatria, siete come dei cadaveri viventi. Gli studenti odierni disprezzano la loro terra e vanno all’estero in cerca di più verdi pascoli. Potete andare all’estero, ma non abbandonate la vostra terra! È stolto lasciare la propria terra per farsi adescare da altre nazioni.
Una volta Vivekananda stava ritornando in India dopo essere stato a Londra e in America. I giornalisti americani gli chiesero che cosa pensasse della sua terra d’origine ed egli rispose: “Provo un grande rispetto e un grande amore per il mio Paese, l’India. Rispetto perfino la polvere, l’aria e l’ambiente indiano. Offro me stesso completamente al servizio della mia madrepatria”. Infatti, chi non ama la terra in cui è nato, chi non ama la propria lingua e la propria religione non è migliore di un cadavere vivente.
Oggi, la gente spreca il proprio tempo e la propria energia ad accumulare ricchezze, ignorando che, da un momento all’altro, potrebbero dover lasciare tutto e andarsene. Molti grandi sovrani, come Harishcandra, Nala e Mandhata, hanno regnato su questa terra; dove sono adesso? Il Signore Rama, che costruì un grandioso ponte sopra l’oceano, è ancora vivo oggi? Molti re si sono avvicendati, eppure nessuno ha portato con sé neppure una manciata di terra quando ha lasciato le sue spoglie mortali.
Se la gente quando muore potesse portare con sé anche una manciata di terra, si arriverebbe al punto di doverla razionare! No, nessuno porterà via alcunché, se non il bene e il male che ha fatto.
Rama e Ravana erano ugualmente versati nelle trentasei forme di conoscenza; eppure Valmikii chiamò Ravana “stolto” e Rama “nobile”. Perché Valmiki chiamò Rama così? Ricevette forse qualche favore da Lui? No! Rama e Ravana possono essere paragonati rispettivamente al cuculo e al corvo. Benché il corvo non si appropri del terreno altrui, la gente ne disprezza anche la sola vista. Non è che il cuculo faccia favori a qualcuno, ma è apprezzato da tutti.
Se le vostre parole sono buone, tutti vi ameranno. Benché il corvo e il cuculo si assomiglino per certi versi, la gente disprezza il primo e ama il secondo. Quando ode il corvo gracchiare, la gente gli lancia sassi; ma, quando ascolta il canto melodioso del cuculo, si sente piena di gioia. Rama mise in pratica la conoscenza acquisita, invece Ravana fece “indigestione” di ciò che aveva appreso, poiché acquisì solo conoscenza senza metterla in pratica.
L’educazione è per la vita, non per guadagnare quattrini, e ogni giovane istruito dovrebbe servire la società. La gioventù è assai preziosa: non sprecatela! Partite presto, guidate piano e arrivate salvi a destinazione. Dovete decidervi a lavorare per il benessere dell’intera società, anche se i vostri genitori inizialmente si oppongono. Non importa se non vi lasceranno neanche una parte di eredità: solo Dio è la vostra vera ricchezza! Non aspirate alle ricchezze materiali, che sono effimere: prendete il sentiero della Verità e conducete una vita sacra. Ciò renderà felici anche i vostri genitori. In caso contrario, non si possono affatto definire “genitori”, ma meritano l’appellativo di “demoni”.
Il significato profondo della festa
Oggi si celebra la sacra festa di Vishnu (Vishnu Sandesh). Tutte le festività indiane sono ricche di significato e di grandi ideali. Gli abitanti del Kerala festeggiano l’Onam e il Vishnu Sandesh nella maniera più sacra. Ad ogni festa sono associati sacri sentimenti; contemplando Dio in tutta sincerità e devozione, si diventa Dio stesso. Ecco perché nel Vedanta si afferma: “Chi conosce il Divino diventa il Divino stesso”. Si diventa ciò che si pensa. Ratnakara non era che un ladro di strada e divenne un grande saggio (Valmiki), perché pensava costantemente al Signore Rama con mente pura. Il suo viso emanava lo stesso splendore di Rama.
Anche dal volto del giovane Prahlada irradiava la stessa luce del Signore Narayana, sul quale meditava sempre. Prahlada non aveva mai timore e sorrideva sempre di fronte a ogni avversità. Cantava il Nome del Signore ininterrottamente. Come può, chiunque canti sempre il nome di Dio, nutrire timori? Solo quelli che dimenticano il Signore e sono immersi nella materialità del mondo vengono sopraffatti dalla paura e dalla sofferenza. Diventerete divini se contemplerete sempre la Divinità. Dio non si trova in qualche luogo particolare: è dentro di voi.
Incarnazioni d’Amore,
ogni festività indiana è piena di sacralità. In ogni ricorrenza festiva, anche recarsi al tempio e pregare è una caratteristica positiva, perché è bene non dimenticare l’Onnipotente per tuffarsi nel materialismo. Oggi i matrimoni sono diventati delle sofisticate feste mondane.
Chi si sposa è pieno di gioia, ma non comprende che si tratta di una gioia effimera. Anche i cani e le volpi la sperimentano. Questa non è vera felicità.
Tyagaraja disse: “O mente, dimmi che cos’è che dà vera felicità! È la ricchezza (nidhi) o la vicinanza a Dio (Ishvara sannidhi)?” Considerate la Sua vicinanza come il vostro grande tesoro (pennidhi); allora la vostra vita si riempirà di gioia e beatitudine. Solo i devoti possono sperimentarle. Il vero devoto non smette mai di cantare il nome del Signore.
Radha e Mira erano sempre intente al canto del Suo nome; esse erano larghe di mente e di sentimenti. La mente ampia è vita, la mente ristretta è morte. Si può ampliare la mente solo con la contemplazione del Signore. La pace è un gioiello prezioso: senza pace (peace), l’uomo è a pezzi (pieces)!
Raggiungete dunque la pace e la beatitudine per mezzo della contemplazione divina. La contemplazione del Divino è possibile solo per i fortunati che portano la corona della pace; gli sfortunati non possono mai contemplare il Divino né avere pace. Potete saziarvi di laddu e di altri dolci, ma è impossibile stancarsi di cantare il Nome divino. Più Lo si canta, più si ha voglia di cantarLo.
Incarnazioni d’Amore,
oggi l’ingiustizia, l’empietà e la falsità imperversano perché è in declino la fede in Dio. Potrà esserci pace nella nazione solo quando le persone penseranno a Dio. Dio è sempre con voi, in voi, intorno a voi, dietro di voi, sopra e sotto di voi. Oggi, molti sono disposti a rinunciare a Dio per i rapporti materiali, ma quanto dureranno tali rapporti? Il corpo è solo un fantoccio che può afflosciarsi da un momento all’altro e, finché si prova per esso attaccamento, è impossibile assaporare la beatitudine. Il corpo è shavam, un cadavere, se non ha più Shivam, il divino respiro vitale.
Nascendo, l’uomo piange, chiedendo: koham, koham? (Chi sono io?)
A che gli sarà servito vivere se anche morendo avrà sulle labbra la stessa domanda? Al momento della morte, l’uomo dovrebbe poter esclamare serenamente: Soham (Io sono Dio). Il fine della vita umana è scoprire la propria Divinità.
I leader abbiano spirito di sacrificio!
L’uomo non è mai soddisfatto ed è sempre più avido di soldi. Si dovrebbe porre un limite all’avidità di denaro. L’uomo deve guadagnarsi la grazia divina. Non importa quanto egli guadagni, poiché non porterà con sé neppure una torta.
Alessandro conquistò molte terre e diventò un potente imperatore; eppure, all’avvicinarsi della morte, nessun dottore poté salvarlo. Prima di andarsene, chiese ai ministri di tenere le sue mani vuote sollevate al di sopra del suo corpo, nel momento in cui lo avrebbero portato in processione per le strade, affinché la gente vedesse che perfino un imperatore grande e potente come Alessandro, che tanto aveva ottenuto in vita, se ne era dovuto andare a mani vuote.
Alessandro voleva conquistare il mondo intero. Anche oggi si vedono paesi che cercano di sopraffarne altri. La gente sta impazzendo per il potere. Chi desidera il potere non può mai essere un buon leader; infatti, un simile individuo porterà la nazione allo sfacelo. Molti ministri, re e imperatori si sono succeduti: tutti, però, erano interessati soltanto alla propria posizione e al proprio potere. Vergogna a quei capi che non si preoccupano del benessere della nazione! Essi non sono esseri umani: sono demoni. I leader debbono avere spirito di sacrificio; solo il sacrificio porta all’immortalità.
Studenti, dopo aver terminato gli studi, non dedicatevi solo al vostro lavoro; agite per il benessere della società. La cultura indiana sostiene: “Di’ la verità e agisci rettamente!” Sostenete questi principi anche a costo della vostra stessa vita. Aiutate i poveri e i deboli.
L’interesse della nazione sia sempre presente in voi; il vostro benessere dipende da quello della nazione. La creazione è emersa dal Creatore, la società dalla creazione e l’individuo dalla società. L’individuo non può esistere senza la società; quindi l’individuo dovrebbe servire la società, la creazione e, infine, fondersi nel Creatore. Questa è la strada regia che conduce alla Divinità.
Io non sono toccato dalle critiche. Ciò che vi sto insegnando è buono, solo buono, null’altro che buono. Seguendo questi insegnamenti, è certo che giungerete alla meta. Incamminatevi per il giusto sentiero fin da piccoli, altrimenti dovrete pentirvene da vecchi. Coltivate pensieri sacri e offriteli a Dio fin dall’infanzia. Consapevolmente o inconsapevolmente, potete aver commesso degli errori. È cosa vana preoccuparsi del passato. Almeno ora, svegliatevi dal vostro sonno, pensate a Dio e santificate la vostra vita.
La Divinità è la meta della vita, e la si può raggiungere seguendo la via della verità, della rettitudine e dell’amore. Eliminate l’attaccamento al corpo e sviluppate sentimenti sacri. Il corpo, fatto dei cinque elementi, è debole e destinato a perire, prima o poi. Si dice che la vita umana duri cent’anni, ma non è cosa certa. Nessuno può predire il momento della morte. Potrebbe accadere nell’infanzia, nella giovinezza, nell’età matura o nella vecchiaia. L’unica cosa certa è che accadrà.
Perciò, tentate di conoscere la vostra vera identità fintantoché siete vivi, e contemplate Dio fino all’ultimo vostro respiro. Questo è il vostro primo dovere. Certamente dovete assolvere gli altri doveri, come il prendervi cura dei famigliari, ma considerate anche questo come un lavoro per il Signore e trattate i membri della vostra famiglia come esseri divini. Tutte le azioni che compite dovrebbero piacere a Dio. Molti si dedicano alla ripetizione del Nome e alla meditazione solo dopo essere andati in pensione; la loro mano gira il rosario, la loro bocca pronuncia Ram, Ram, Ram…, ma la loro mente se ne va a spasso per il mercato e al club, dove si mette a giocare a carte, attività cui essi si sono dedicati per tutta la vita. Che ripetizione del Nome è mai questa? Cominciate fin da piccoli. È una grande fortuna e un grande merito intraprendere il sentiero della spiritualità fin dall’infanzia.
Incarnazioni d’Amore,
oggi la gente del Kerala festeggia il Vishnu Sandesh. Il significato di questa festa è quello di sviluppare sentimenti sacri; non finisce con la preparazione e la consumazione del payasam (budino). Santificare il vostro cuore è il vero budino. Solo quando vi sforzerete di purificare il vostro cuore celebrerete la festa di Vishnu nel giusto spirito.
Potete anche non seguire alcuna disciplina spirituale, ma non scordate il principio dell’Amore. Non abbiate mai paura delle avversità e santificate la vostra vita con l’amore. Amate tutti. Laddove c’è Amore, c’è Dio. L’Amore è Dio, Dio è Amore. Dovremmo sempre pensare a Dio e contemplarLo.
Swami termina il Discorso cantando il bhajan:
“Pibare Rama Rasam…”
Brindavan, Whitefield,
Sai Ramesh Hall, 15 aprile 1999
Da: Mother Sai n° 5/99
(Trad. da Sanathana Sarathi, 5/1999)
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